Qualcosa, in qualche momento.

Per tutti quelli che, fermandosi a contemplare il tramonto per quei cinque minuti da quando il sole inizia a toccare l'acqua a quando scompare completamente, sono riusciti, anche solo che per un attimo, a sentire il ribollire del mare all'orizzonte.
Le mie foto
Nome:
Località: Genova, Genova, Italy

sabato 28 settembre 2013

Cammino di Santiago su TuristiPerCaso


Qui si può trovare il diario di viaggio del Cammino di Santiago formattato un po' meglio rispetto a quello che ho fatto in questo blog.

http://turistipercaso.it/spagna/68860/en-el-camino.html


Qui c'è la prima pagina, arrivando in fondo c'è un menù a tendina da dove si possono sfogliare le altre.

sabato 23 marzo 2013

La Cameriera di Versailles

Non mancava nulla. Tutti lavorammo con dovizia nei giorni precedenti. I cuochi scelsero le carni più pregiate, il pesce più fresco. Le verdure più ricercate.
Cinque enologi seguirono tutto il menù e stilarono la loro lista dei vini. Bianchi e rossi delle migliori annate. Non avrebbero potuto fare di meglio.
Anche noi cameriere contribuimmo perché tutto fosse perfetto. Le nostre divise erano tirate a lucido e i nostri visi ben truccati. Eravamo stupende. Non lo dico solo io, sia chiaro.
Quel giorno aspettammo la campanella e uscimmo, tutte in fila, con gli antipasti.
Piacquero a tutti. Certo, ognuno aveva le proprie preferenze, ma alla fine i complimenti allo chef furono sinceri. Tutto ottimo, dissero.
Continuammo con i primi piatti. Francesi, con qualche richiamo alla cucina italiana.
Passavamo per i tavoli gentili e carine. Qualcuno mi ringraziò personalmente per la cortesia, io sorrisi.
Poi portammo i secondi. Come piatto principale venne scelto il maiale stufato nella birra. Era cotto a puntino, morbido e gustoso.
I francesi furono così voraci che non lasciarono traccia nel piatto. Gli inglesi gradirono ma si contennero ed ebbero anche un pensiero per il povero maiale sacrificato in onore del banchetto.
Gli americani preferirono non abbuffarsi. Si tennero leggeri per il dolce. Gli italiani mangiarono un po' di questo e un po' di quello. Ma preferirono il cerbiatto alla carsica.
Poi i dolci furono apprezzatissimi. Strudel, cioccolatini viennesi. Baklava.
Tutti furono soddisfatti. Anche i tedeschi, alla fine, mandarono giù tutto, con un buon digestivo.
Quella tavola imbandita fu davvero qualcosa di eccezionale. Qualcuno si augurava di ripetere presto un pranzo come quello. C'era chi al proprio vicino rispose, quasi sussurrando, che sicuramente non sarebbe passato molto tempo.
Alla fine andai a casa, il cielo era stupendo, terso, e l'aria era fresca. Qualcuno disse che presto il tempo si sarebbe guastato, ma ero decisa a godermi quella serata unica e bellissima.





giovedì 6 settembre 2012

El Camino de Santiago Parte Decima

Vai alla nona Parte                                                    


El Camino de Santiago Parte Decima
 
  Santiago de Compostela


Santiago de Compostela
Il 21/06/2010 ci svegliamo relativamente presto per i canoni dei vacanzieri, ma tardi per le ore cui ero (eravamo) abituato(i). Non riesco bene a quantificarlo ma attorno alle 8/8,30. Andiamo a cercare il luogo dove farci suggellare con la Compostela. Lasciamo gli zaini in un guardaroba cittadino ed iniziamo la coda  (io e Mario) in su per gli scaloni dell'Ufficio Episcopale. Dopo un quartino d'ora siamo dentro, io mi prendo la mia bella Compostela, Mario solamente il diploma perché dice di aver fatto il pellegrinaggio solo per accompagnarmi e di non aver avuto nessun motivo spirituale. Io sì, ma senza specificare di che spirito si parlasse.
 
Sepolcro di Santiago
Usciamo, compriamo qualche souvenir e ci dirigiamo alla cattedrale per “l'abbraccio al Santo”. Entriamo dalla Porta Santa e facciamo un percorsetto  che ci porta al busto aureo del buon Matamoros, che domina il "retablo" dell'altare maggiore. Gli do due pacche sulle spalle e proseguiamo il percorso che ci conduce al di sotto del busto dove sono conservate le presunte spoglie del Santo Pellegrino in un'arca aurea. Tutto attorno è oro. 2000 anni fa non si era detto che la povertà era una ricchezza... O sbaglio? 
Usciamo ed è l'ora di andare a prendere le cose all'albergo e metterle in macchina (sono le 12) io rientro in chiesa per vedere la messa in mio onore (e nell'onore delle altre centinaia di pellegrini presenti). Gli altri vanno all'albergo, non riescono ad entrare perché la chiesa è overbooked. Sulle scalinate dell'entrata laterale c'è una fiumana di gente enorme che aspetta di poter entrare. Sarà a causa dell'anno del giubileo di Santiago, ma sembra davvero una giornata speciale, malgrado sia un lunedì.

Alla fine della messa c'è lo spettacolo del Botafumerio, ovvero un incensiere enorme che da secoli viene agitato sopra le teste dei pellegrini. In passato serviva per sovrastare l'odore che gli stessi pellegrini lasciavano nella cattedrale durante la notte, dopo milioni di passi con le stesse scarpe. Anni fa, infatti, si poteva passare l'ultima notte di pellegrinaggio nella Cattedrale. Ora non è più possibile, ma la tradizione del Botafumeiro è rimasta per animare la parte finale della messa ed ormai è uno dei simboli della cattedrale.  
Botafumeiro
Faccio foto e video, anche se alcuni fraticelli cercano di impedirmelo. Aspetto i miei vari parenti all'uscita, nella piazza dell'Obradoiro. Dopo un po' appaiono Mario ed Elena. Mario entra in chiesa. Noi aspettiamo perché abbiamo ripreso gli zaini e non è permesso entrare con bagagli. Quando esce cerchiamo di entrare noi. Non ci fanno passare dalla porta principale ed inizia ad essermi (maggiormente) antipatica la classe clericale spagnola, in particolare ed, in generale, tutta.
Entriamo dalla porta secondaria e facciamo un giretto assieme all'intero. Una volta usciti raggiungiamo gli altri due ed andiamo a smontare le biciclette per caricarle in macchina. Mangiamo ad un paio di palazzi di distanza dall'albergo ed altrettanto dal ristorante di ieri. Si mangia… normale. Né bene, né male.
La Cattedrale
Ultimo saluto a Santiago e partiamo per Madrid, direi attorno alle 4 del pomeriggio.
La prima parte del viaggio dormo. Quando mi sveglio siamo quasi in Castiglia, il paesaggio lo preannuncia facendosi sempre più secco. Il carattere dei paesi inizia a perdere quella spennellata nordica ed oceanica che avevo incontrato avvicinandomi alla Galizia dal nord.
Sembra che a sud sia la Castiglia ad addentrarsi nelle valli della Galizia o forse è solo una questione di punti di vista.
L'idea del Cammino, dell'insonne libertà della pedalata (mah!) va un po' scemando e prende già posto nella nebulosa aurea dei ricordi.
Il mio pensiero va ancora una volta a Saint Jean Pied de Port. All’inizio di tutto. Mi rifaccio la domanda che per giorni ha vagato tra i miei pensieri senza mai essere risolta fino in fondo: perché, sono venuto qui?
Mentre le praterie rinsecchite segnano l’inesorabile allontanamento dal luogo che ha animato i miei ultimi mesi di vita, la risposta volteggia nell’aria a cerchi sempre più chiusi e vicini, ed è accompagnata dalla forte sensazione di aver fatto questo viaggio per averne ascoltato il richiamo, magari non così trascendente da motivare una Compostela all’onor religioso,  ma neanche totalmente profano e che nel suo echeggiare va ad intrecciarsi in un paradosso ricorsivo rispetto alla domanda iniziale, “perché ho fatto il cammino?” la risposta è “perché sono stato chiamato qui per farmi delle domande, tra le quali questa".
Certo… e le risposte sono arrivate?
Qualcuna sì, ma le domande non credo abbiano sempre bisogno di una risposta immediata. Credo che quello che ho vissuto in questi giorni coverà come braci nella mia vita futura per ravvivarsi
nel momento giusto, quando qualche venticello passerà a disturbare il loro letargo. O così è come mi piace vederla.
Machado scriveva: “Caminante, no hay camino. Se hace camino al andar”, ossia, parafrasando: non c’è un motivo per quello che fai, il motivo lo trovi facendolo.

Verso Madrid
Proseguiamo ancora un po’, fino a quando il richiamo è quello dello stomaco. Ci fermiamo in un “autogrill” x vedere la partita della Spagna contro l'Honduras e “picar algo”: chorizo, morcilla, queso en aceite, altro tipo di chorizo e di nuovo morcilla. E' il primo giorno d'estate ed io bevo la mia prima birra dopo quasi un anno, momento storico!
Intervallo della partita, ci rimettiamo in macchina. Il II tempo lo guardiamo in un altro baretto. Prendo un caffe-e-latte con una “magdalena”
Attorno alle 23 arriviamo a Pozuelo (Madrid) e finisce definitivamente l'epopea del pellegrino. Anche se quella dei 10 giorni a venire (le ultime righe le sto rimaneggiando il 03/07/10 da Pontedecimo) sarà una simpatica permanenza tra Madrid e Navapark (Avila) con giretti in bici, nuotate, mangiate, bevute, terme, passeggiate e partite a chinchon (tutte perse!).
Per dovere di cronaca, Mario partì il 22 con un aereo per Pisa. Lo accompagnammo all’aeroporto Elena, Jesus ed io e ci salutò con movenze un po’ rigide.

Buen camino a todos! 


Bicicletta pellegrina

Vai alla nona Parte         
 

sabato 11 agosto 2012

El Camino de Santiago Parte Nona

Vai all'Ottava Parte                                                     Vai alla Decima Parte

El Camino de Santiago Parte Nona

  Ottavo ed ultimo giorno di viaggio
Portomarin – Santiago de Compostela



Allontanandosi da Portomarin
20 giugno 2010, giorno dell'arrivo a Santiago

Finalmente una mattina piuttosto calda. Mancano una 94ina di km alla meta e si parte di buon'ora, un po' dopo le 7. Facciamo colazione in un baretto davanti all'albergue e partiamo. Prendiamo la strada che conduce al lago ed iniziamo il Camino per due ponti diversi. Io quello dei pellegrini in partenza, un ponte un po' approssimativo, e Mario quello dei pellegrini in arrivo, quello carrabile che abbiamo percorso ieri. Il Camino è un enorme prato con intramezzi boscosi di eucalipti conifere di vario tipo, querce e castagni. Un continuo saliscendi per colline che anche se dolci, non piacciono molto al buon fratello, un po' stremato già in partenza. Ogni tanto gli do qualche spintarella (ero combattuto se dirlo o no, ma per dovere di cronaca non posso omettere). Sorpassiamo un simpatico cimitero con loculi persino sul muro di cinta che dà sulla strada, non posso fare a meno di fotografarlo.
Facciamo una seconda colazione in un centro alberghiero fatto da bungalow che ha un po' la fisionomia di quelle strutture edificate per vederne la resistenza alle esplosioni nucleari, ma qui non ci sono manichini e non abbiamo notato boati e spostamenti d’aria né, tantomeno, personaggi che tirano coriandoli (…). Il complesso è poco prima di Palas de Rei, prendo latte e caffè con palmera di cioccolato, potrei quasi non pranzare più perché mangio anche mezza di quella di mio fratello. Vado al bagno (!) e ricominciamo a pedalare. 

Casa di campagna avvicinandosi a Melide
Passiamo per Melide, cittadina nel centro geografico della Galizia, con un simpatico mercato e molta vita.
Proseguiamo sempre con i soliti saliscendi in una campagna perfetta. In un punto passiamo dentro alla copertina di Atom Earth Mother, le mucche pezzate che incontriamo devono aver studiato l'album dei Pink Floyd nei minimi dettagli per riprodurre così fedelmente la sua essenza. 

Vacche
Incontriamo un ciclista di Madrid che avevo visto la prima volta un po' dopo Sahagun. Si ricordava di me, anzi mi saluta lui per primo e mi dice: “Ah, es tu hermano él, ¿no?” ... O qualcosa del genere.  Come nei migliori gironi dell'inferno dantesco, dopo averlo sorpassato di gran lena nell'incontro precedente, per contrappasso ci sorpassa senza troppa fatica e non lo vediamo più.
Ci fermiamo a mangiare, direi ad Arzua... Sì, Arzua. Un'insalata molto corposa. La temperatura, nel frattempo ha raggiunto i livelli massimi dall'inizio del Camino. Comunque il caldo non infastidisce ancora. Ci saranno 26/27 gradi e non troppa umidità. Il cielo è sereno. 
I chilometri, tuttavia, tendono a non diminuire molto velocemente. Gli ultimi 30 chilometri di pedalate sono stati davvero lunghi. Ci fermiamo 2 volte per vedere i due tempi di Italia – N. Zelanda (0-0). Io soprattutto approfitto per dissetarmi e scrivere il diario di viaggio (questo solo nel II tempo) e Mario, tifando Italia, fa qualche chiacchiera con un ometto biondo, quasi bianco, di Baile Atha Cliath.
Partiamo e “lente, lente” arriviamo al ceppo dei “dieci km da Santiago”. Passiamo l'aeroporto ed il percorso inizia a prendere un aspetto, in qualche modo, suburbano. Iniziamo a salire per uno sterratone che ci introdurrà nell'ambiente del monte del Gozo, ultimo strappo prima della discesa per Santiago. Ci sorpassano le guardie pellegrine in moto salutandoci e poco dopo altre due con un fuoristrada. 

Avvicinandoci a Santiago
Mario è un po' alla frutta... Gli fa male il sedere per il sellino, è stanco e parla un po' a strappi. Ripete più volte che “dovranno finire, prima o poi le salite”, indica in alto ed aggiunge: “Non c'è più monte!”... Ma le salite continuano ed ogni tanto lo spingo. Piccolo appunto: non vorrei far credere di voler fare il pazzesco, effettivamente io sono piuttosto allenato, ma ho anche un rapporto corto nella bicicletta che mi permette di spingere facendo poca fatica e sopratutto ho un sellino con forma di culo rovesciato che non mi ha fatto mai avere alcun dolorino per tutto il viaggio!
Ci fermiamo a chiedere qualche indicazione ad un vecchietto dal forte accento galiziano, ma è un po' impreciso, soprattutto ci fa perdere tempo con discorsi un po' inutili. 

Alto del Gozo
All'alto del Gozo ci arriviamo attorno alle 8. Facciamo qualche foto e guardiamo Santiago dall'alto. Non si vedono le guglie della cattedrale come dicono, ma l'arrivo è vicino. Però oltre alla gioia del raggiungimento della meta c'è anche la tristezza della fine del viaggio; penso e ripenso che darei chissà cosa per essere catapultato nel porta-pacchi del TGV Parigi – Bayonne, assieme alla mia bici impacchettata ed agli zaini col casco appeso.
Parliamo un po' con un circa 45enne con cui avevamo già parlato un po' nelle ultime salite. E' di Madrid e viene dal Camino del Norte. Ha fatto il primo pezzo a piedi ma dopo un po' ha comprato una bici (anche abbastanza bella) ed ha proseguito con quella.
Mentre guardiamo dall'alto la nostra meta, Elena chiama un po' risentita perché non siamo ancora giù! Mi dice che mi sono perso un bell'ambiente alle 6 di sera, nelle vie di Santiago.
In una 20na di minuti arriviamo alla Puerta del Camino. Entrando all'Obradoiro faccio un video con la macchina fotografica. Vedo la Cattedrale, il mio (nostro) Camino è finito.
Intanto scorgo le sagome di moglie e suocero che si sbracciano in lontananza con facce sorridenti. 

Arrivo alla Piazza dell'Obradoiro - Santiago de Compostela
Il resto della storia la racconterò con calma in seguito. Ora mi aspetta una bella passeggiata al Monte del Pilar, a Madrid.
Riprendo a scrivere. È il 25/06/10, sono con Elena e Marta nella Piscinetta di Pozuelo. Eravamo arrivati all’arrivo a Santiago, la sera del 20/06/10.
Facciamo qualche giretto per la piazza e qualche foto commemorativa. Poi Elena ci svela dove alloggeremo. Un appartamento/albergo, ma senza cucina, al lato dell'Obradoiro, con, giusto, tre camere. Il pellegrino minore, Mario, si lava mentre io Elena e Jesus facciamo qualche passo per la città. A me viene freddo, essendo ormai sera e non essendomi ancora cambiato. Torniamo e mi lavo. Mangiamo davanti a “casa” e anche se cerchiamo di pagare io e Mario, paga tutto Jesus, giustamente felice di avere due familiari pellegrini al tavolo, ma un po' triste per non avere il resto della sua famiglia con sé e di non poter stare per più tempo in quel di Galizia. Dopo mangiato facciamo ancora un giretto, però Elena non mi ha potato proprio tutto quello di cui avrei avuto bisogno, mi viene un freddo porco e torniamo indietro. Finisce così l'ultimo giorno di pellegrinaggio, ma non è ancora l’ultimo da pellegrino, devo ancora farmi dare la Compostela.
Basilica di Santiago

(Continua nei prossimi giorni)

Vai all'Ottava Parte                                                     Vai alla Decima Parte 

lunedì 6 agosto 2012

El Camino de Santiago Parte Ottava

 Vai alla Settima Parte                                                     Vai alla Nona Parte

  El Camino de Santiago Parte Ottava

  Settimo giorno di viaggio
Vega de Valcarce - Portomarin

19 giugno 2010

La mattina ci svegliamo abbastanza presto, assieme alla maggior parte degli altri pellegrini. Ci vestiamo, pochi minuti di preparazione mattutina e partiamo.
Salita per O Cebreiro
Si riesce a fare colazione solo dopo 5 o 6 km perché in paese è tutto chiuso. Dato il freddo e la salita, si fa una seconda colazione qualche km dopo, poco prima del confine con la Galizia, che raggiungiamo percorrendo un sentiero molto suggestivo. 
Arrivo in Galizia
Sul confine facciamo qualche foto e ce ne facciamo fare un paio da un'attempata tedescoide che cammina sola. Ripartiamo e in un tempo relativamente breve arriviamo in cima, al primo della serie di monticelli che dobbiamo superare in questo tratto. Sono tra i più alti di tutto il Camino. Fortunatamente tra l'uno e l'altro non si deve scendere molto, però mancano ancora parecchi chilometri alla discesona che ci porterà circa a 400 metri sul livello del mare e ad una temperatura più umana. 
O Cebreiro
Ora siamo al foscoso paesetto di O Cebreiro a 1296 metri slm. Il paese è tra i più pittoreschi del cammino, non fosse per altro, per l’atmosfera di “vita antica” che ci pervade per tutta la permanenza. Si fa una passeggiata, qualche foto e nel frattempo Mario prende la conchiglia di Santiago o Vieira, come dicono in Galizia.
Facciamo un saltino nella chiesa e poi proseguiamo per l'alto de San Roque. Poco prima di arrivare all'Alto incontro di nuovo il ciclista che avevo aiutato in su per la Cruz de Ferro, questa volta ha alcuni raggi della ruota rotti, spaccati proprio scendendo per la Cruz de Ferro. Gli do numeri di telefono ed indicazioni sui ciclo-riparatori di Sarria. Telefona. Forse prenderà un taxi perché, essendo sabato, il negozio resta chiuso nel pomeriggio, chiude alle 14 e sono quasi le 11 e Sarria è piuttosto lontana. 

Alto del Poio
Arriviamo finalmente all'Alto del Poio. Ci fermiamo nel bar. Consiglio a Mario di prende il ribeiro, un vino bianco galiziano. Io coca cola e patatine, queste ultime per tutti e due. Date le fatiche da cui dobbiamo riprenderci riesco anche a scrivere un bel pezzo di questo diario di bordo.
Verso Sarria
Ripartiamo, finalmente, in discesa. Vediamo qualche bel paesotto ed arriviamo a Tricastela, ormai a fondovalle e con temperatura decente.
Lì seguiamo il Camino sulla destra della strada asfaltata, la guida pare indicare che da lì si debba passare per il monastero di Samos. Molto probabilmente si sbaglia perché non lo vediamo e in molti ci dicono che si doveva andare dall'altra parte.
Mangiamo nella “Casa di Franco”, un'osterietta in un non ben precisato luogo del cammino. Dentro, come avventore, c'è un simpatico vecchietto che mastica in modo schifoso un sigaro, fortunatamente spento. Di tanto in tanto l’anziano masticatore si alza di qualche cm dalla panca come se dovesse rilasciare qualche residuo gassoso e si risiede. Lo fa ad intervalli piuttosto regolari e crea un ambiente pieno di incognite… fortunatamente non di puzza!
Si nota il cambio di lingua. Le persone che entrano, a parte un paio di italiani che avevamo già incontrato nell'ultimo pezzo di cammino, parlano in ispano-portoghese, altresì detto gallego, galiziano, in italiano. Telefono a Gesù (il suocero) e poco dopo ripartiamo. 

Passiamo da Sarria, cittadina dal carattere ormai completamente galiziano a 111,5 km da Santiago. 
Chiesa di S. Salvador de Sarria
Ci dissetiamo in un bar e facciamo qualche foto panoramica dall'alto. 
Sarria - Panorama
Da lì proseguiamo imperterriti nelle verdissime campagne dall’atmosfera già oceanica. Passiamo per ponti, guadi, incrociamo ferrovie ed attraversiamo vigneti, per arrivare fino a Portomarin, a poco meno di 100km dalla meta della nostra gita (ricordando il grand'uff, ing, cav, dott Sisini). Mario ci arriva affaticato e con forti dolori al sedere, per via del sellino stretto, dello zaino piuttosto pesante sulle spalle e, maggiormente, per non essere allenato.

Cammino nei pressi di Vilei
Horreo
Poco prima di arrivare alla città ci imbattiamo nel primo "Horreo", un particolare granaio costruito su delle palizzate tipico del nord della Spagna. Il primo lo fotografo per dovere di cronaca, ma è un rudere. Da lì in avanti se ne vedono di molto migliori ed alcuni veramente artistici.
Portomarin è una graziosa cittadina sulle sponde di un lago artificiale alimentato dal rio Miño. In verità la Portomarin originale si trovava dove ora c'è il lago e negli anni 60, durante la costruzione della diga, il paese è stato ricostruito interamente a monte, trasportando le pietre della cattedrale e di altri 2 o 3 pezzi della dua storia, per ricostruirli tali e quali in mezzo alle case del nuovo paese.


Portomarin - Lago artificiale del fiume Miño
Troviamo da dormire nell'Hostal municipale per i soliti 5€. Prendiamo posto nelle brande, ci si fa la doccia e siamo pronti per uscire nella movida del paese.
Mangiamo in una trattorietta davanti alla cattedrale con i soliti 10€. Nel frattempo facciamo un giretto, qualche foto ed entriamo a vedere la chiesa. (Un tipo uscendo mi guarda male i sandali... Che vuole?) 

La movida del paese lascia un po’ a desiderare (ma la nostra è anche peggio) e andiamo a dormire.

Iglesia de S.Nicola- Portomarin


(Continua nei prossimi giorni)
 
 Vai alla Settima Parte                                                     Vai alla Nona Parte

martedì 31 luglio 2012

El Camino de Santiago Parte Settima


 Vai alla Sesta Parte                                                     Vai alla Ottava Parte

  El Camino de Santiago Parte Settima

  Sesto giorno di viaggio
Astorga - Vega de Valcarce

Partenza da Astorga
18 giugno 2010.
Parto da Astorga più o meno alle 7,30. La tratta prevede il superamento di una catena di monti piuttosto alti, passando per la Cruz de Ferro (in galiziano), il punto più alto del camino, 1500 mt e uno dei punti cardine del pellegrinaggio. Per poi scendere nella verdeggiante regione del Bierzo.
Murias de Rechivaldo - Cicogne
A qualche chilometro da Astorga faccio una sosta presso la chiesetta Ecce Homo, dove bevo da una fontanella, timbro la credencial e prendo qualche immaginetta. Proseguo per il cammino e mi incrocio con vari paesetti, che immortalo con l’immagine dei loro campanili invasi dalle cicogne. 
Nel frattempo il cammino lungo la meseta, si fa sempre più vicino alle catene montuose che per intimorire il viandante, sfoggiano ancora qualche po’ di neve sulle cime. In men che non si dica, mi ritrovo a salire.
L’ambiente si diversifica, c’è già un sapore differente rispetto alla cara e vecchia Castiglia. Si iniziano a vedere le case a base circolare e coi tetti di paglia tipiche della zona e i fianchi dei monti si rivestono di un manto fitto di alberi ed arbusti. In salita faccio qualche pezzo di cammino ma è poco praticabile dalle biciclette, soprattutto se gravate dal peso dei bagagli. Così mi butto sulla strada carrabile.
Foncebadon - Tipica costruzione
Poco prima di arrivare a Foncebadon raggiungo e aiuto uno spagnolo un po’ spampanato, che tra l’altro incontrerò anche in seguito. Aveva un freno che toccava nella ruota, gli ho prestato una chiave esagonale e mi ha ringraziato parecchio. Poco più avanti, passato il paese (dove mi fermo per fare qualche foto) c’è un’italiana di una ventina d’anni e piuttosto bella che spinge la bici e mi chiede: “ma come fai?” (ad andare in su di qui così spedito) io penso: “ma come fai a sapere che sono italiano?”. Dice che la bici gliel’hanno data nell’albergue perché aveva delle ciocche ai piedi. Già che, alla fine, la bici la sta spingendo, quella che doveva essere una gentilezza le ha solo che peggiorato la situazione! I suoi genitori stanno continuando a piedi per il camino. La saluto e riprendo con la speditezza di prima. Poi incontrerò lei e i genitori sulla sommità del monte. Intanto i boschi lasciano il posto ai pascoli ed alle mandrie di bovini pascenti.
Arrivo alla Cruz de Ferro. Metto ai piedi della croce una pietrina portata da San Cipriano,
Cruz de Ferro
nascondendola un po’ al di sotto delle altre. Un triestino fotografa la croce, sbuffa e, rivolgendosi a me, dice: “Spazzatura... Questa è spazzatura. Leon, Burgos, quella sì che è arte, ma questa è spazzatura!” Si riferisce al fatto che i pellegrini accumulano pietre ed attaccano effetti personali alla croce e ne risulta un accumulo un po’ disordinato, ma, io credo, non così scellerato. Ho una discussione con lui sul tema, ma è un povero microcefalo e lascio perdere... Nel frattempo la partita (ricordo: Ita – N. Zelanda) sta finendo. Riprendiamo il cammino, che inizia a essere tardi, sono quasi le 6 pm. Continuo in seguito.
Bene, scrivo dal futuro. È già il 22/06/10 e sono a Madrid. Sono, ovviamente, già arrivato a Santiago e... bene, con una frase già sfruttata in precedenza dico: “andiamo con ordine”. Eravamo al 18/06/10 sulla Cruz de Ferro. Scendo e mi sollazzo alla vista della lunga discesa che mi aspetta verso Ponferrada, dove ci incontreremo di nuovo col buon vecchio fratello. Scendendo, la temperatura si fa apprezzabile, ma tengo ancora il K-way. 
Pascoli scendendo verso il Bierzo
Mi fermo un po’ a El Acebo, nella piazzetta. Ci sono un po’ di inglesotti che parlano ad alta voce un po’ alticci, all’apparenza. Bevo e faccio rifornimento d’acqua nella fontana della piazza che dà su un grosso trogolo e, rifocillato, riparto. Mi rifermo un paio di volte. La prima a metà discesa: capovolgo la bici e do dell'olio nelle parti mobili per diminuire un po' gli scricchiolii. Poi, più tardi, quasi a fondovalle, nel paese di Molinaseca. Come già quelli che lo precedevano, il paese inizia ad avere un carattere piuttosto galiziano. Le case hanno i tetti d’ardesia e nelle facciate prevale il bianco, ma siamo ancora in Castiglia.
Valle del Bierzo - Ponferrada
C’è, inoltre, un bel ponte pseudo-medievale ed una chiesa dalle forme abbastanza simili a quelle viste per tutto il Camino, ma con una sua identità, se non altro perché è molto massiccia ed è edificata in una posizione dominante sul paese.
Pian piano mi si staglia davanti e caratterizza sempre più la regione del Bierzo con la sua atmosfera bucolica e tranquilla. A qualche km da Ponferrada mi fermo per assaporare bene l’atmosfera autoctona e, per avere almeno un piede nella mia italianità, rubo un po’ di frutta dagli alberi. Questa tipologia di furto, però, non può essere considerata reato, essendo il perché ultimo, l'essenza e l’arché del ciclista o, meglio, del cicloturista. Comunque, per non divagare nella filosofia spicciola, rubo ciliege, un po’ acerbotte d’aspetto, ma dolcissime e buone. Sono in mezzo ad un vigneto, mi ri-sorpassano alcuni pellegrini che avevo superato in precedenza e mi chiedono se le ciliege sono buone. “Mmm... not so bad!” Riparto e ne approfitto per prendere una vietta traversa ed andare a cambiarmi la tenuta invernale. Il tempo, a questo punto, è piuttosto bello e caldo.
Segnavia
Scendo verso Ponferrada avvicinandomi alla città per la via dei pellegrini che una volta nel piano diventa larga e retta. Seguo parallelo al fiume per poi girare sulla destra e passare sopra al ponte medievale  che mi fa entrare direttamente nel centro storico... O comunque non nella parte più moderna.
Ponferrada è una bella cittadina. Un castello che fu la sede spagnola dell'Ordine dei Templari, domina l'abitato da una collinetta che anticamente doveva essere in posizione piuttosto decentrata rispetto alla città. Oggi il castello, assieme ad un parco, è l'anello di congiunzione tra il centro storico e quello moderno e rendono il passaggio tra le due realtà piuttosto naturale. Ma questo è soggettivo, la mia guida parla di netto contrasto... Che in effetti c'è, ma lo definirei “naturale” più che “netto”.
Come dicevo qualche giorno fa, mi metto a scrivere all'ombra, su una panchina di pietra nei portici della Plaza del Ayuntamento (Plaza Mayor?). Prima telefono a mia madre e poi a Jesus (suocero).
Ponferrada - Castillo de los Templarios
Quando inizio ad appassionarmi alla scrittura del diario di bordo mi interrompe un'arzilla vecchietta che mi “importuna” facendo discorsi su religione, lingue, nazionalità e tante altre cose in modo un po' svampito ma tutto sommato sembra una brava persona e mi addentro nei suoi meandri discorsivi. E' una galiziana di A Coruña, ma non ha accenti. Dice di aver lavorato in Inghilterra e di essere contenta quando può parlare in inglese con qualche turista (non è il mio caso).
Riesco a togliermi dalla morsa locutoria della donna e vado verso la stazione per vedere a che ora arriva il fratelloide. Invece, alla fine, aveva preso l'autobus, però per qualche strano caso mi appare nel piazzale davanti alla stazione. Arriva con una bicicletta comprata al Carrefour per 90€ ed un berretto da ferroviere francese, dice lui, col quale farebbe un gran bel figurone al Gay Pride di San Francisco, con tutto il rispetto possibile per la categoria tirata in ballo.
Si aggiunge un pellegrino
Da qui, quindi, inizia il suo Camino, a 202,5 km da Santiago e comincia il mio rallentamento. Prende la credencial all'Hospital del Peregrino, facciamo qualche foto e partiamo.
Le piane ondulate del Bierzo lentamente lasciano il posto ad un ambiente più montano. Arrivando a Villafranca del Bierzo ho la stessa sensazione di quando sono arrivato a Saint Jean Pied de Port; un avamposto montano nella valle, testimone di future salite e sforzi sui pedali. Infatti da qui si inizia a salire per arrivare fino all'alto del Poio, a 1335 metri.
A Villafranca vediamo, arrivando, il castello e la chiesa romanica, dove un uomo di una settantina d'anni ci pinza ed inizia a parlare della storia della chiesa e della Collegiata di S. Maria. Incontriamo di nuovo anche Frank (l'avevamo già visto a Ponferrada ed avevo visto la sua bici parcheggiata di fianco alla mia a Leon).
Nella piazza prendiamo un latte-e-caffè e ripartiamo. Io mi fermo a fare qualche foto alla Collegiata e ad un ponte antico uscendo dal paese, dico a Mario di andare avanti, ma sbaglia
Villafranca del Bierzo
strada. Chiedo a due donnotte se per caso avessero visto uno in bici, ma dicono che di lì non è passato nessuno. Lo chiamo al telefono, sta arrivando. Lo aspetto e ripartiamo.
Arrivo a Vega de Valcarce col fratello stremato. Ci facciamo dare indicazioni per l'hostal.
Il paese non ha troppo: l'albergue, qualche casa e qualche baretto non troppo ben disposto a sfamare i pellegrini e dagli osti non troppo simpatici. Nel bar dove mangiamo, il barista/ristoratore sarebbe da menare per l'inospitalità. Vediamo molta gente mangiare ai loro tavoli e chiedo: “Possiamo sederci qui per mangiare?”, indicando un tavolino che avevo al lato. Il barista dice che a quell'ora non si può mangiare. Ma come...? E tutti quelli che mangiano? La cucina è chiusa! Ma beh, non serve una cucina per un panino, no...? È un bar! I panini sì! A malincuore ci fa i panini, mio fratello guarda una qualche partita in tv ed io mi scoppio anche 2 cochecole.
Dormo con i tappi nelle orecchie, Mario si butta in letto vestito perché non ha sacchi a pelo. Gli do comunque una copertina blu, corta e leggerissima, un reperto del viaggio di nozze in Messico.
Albergue de Peregrinos - Vega de Valcarce

  
 (Continua nei prossimi giorni) 


 Vai alla Sesta Parte                                                     Vai alla Ottava Parte